Si riparte! Per riassumere le puntate precedenti: Nella e io abbiamo avuto la bizzarra idea di arrivare da Venezia a Xian sulla Via della seta, a pezzi. L’anno scorso abbiamo camminato da Venezia a Istanbul in primavera, e da Istanbul a Samsun in autunno. Ora riprendiamo da Samsun: ci aspettano ancora 500 km lungo il mar Nero in Turchia e poi più o meno altrettanti per attraversare la Georgia fino al confine con l’Azerbaijan (dove non si può entrare via terra, per il prossimo tratto voleremo direttamente in Azerbaijan). Ci aspettano la mitica Colchide e il Caucaso: il tratto turco sarà come tornare a casa, la Georgia è un’incognita assoluta, a partire dalla lingua, e ne sono molto curiosa. Caucaso, arriviamo! Grazie a chi ci sosterrà in cammino con il pensiero.

Giorno 2 – Terme

Neve neve e neve! Questa è stata la prima sorpresa appena uscite dall’aeroporto di Samsun. Sole di giorno, strade ghiacciate la mattina e la sera. Seguiamo la costa del Mar Nero fino al confine con la Georgia, sono più di 500 km più o meno lungo una strada nazionale di grande traffico, il mare da una parte, le montagne dall’altra. Ma noi evadiamo dalla grande strada divagando tra i villaggi: si allunga un po’ ma ne vale la pena. Le prime due giornate sono state un idillio nella calma della campagna innevata: magico! Angeli custodi ci scortano: le poche persone che incontriamo vogliono sapere dove andiamo e ci rassicurano sul nostro itinerario o ci rimettono sulla giusta via.

Nel villaggetto di Yukarı ci fermiamo un momento alla moschea. L’imam esce per darci il benvenuto e chiederci se abbiamo freddo. Esce un gruppo di donne, il Corano sotto il braccio. Fatma ci invita per un tè nella sua bella casa. Con il tè arrivano i ‘sarma’ (fagottini di riso avvolti in una foglia di vite), chiacchiere cordiali, foto. Fatma ha viaggiato parecchio ma il paese più bello è la Turchia, dice. E l’Italia, aggiungo io.
Meravigliosa ospitalità turca!

Giorno 4 – Fatsa

Mar Nero, mare d’inverno. Ieri il sole ha regalato sprazzi di azzurro e perfino il colore dei ciuffi di ciclamini spuntati dalla neve che si va sciogliendo sul ciglio della strada. Oggi cielo grigio e mare di piombo: mare d’inverno, spiagge deserte e fangose, campeggi chiusi. Due giorni senza gloria sulla nazionale, con pochissime possibilità di evasione: in sicurezza, su una larga banchina, ma con il rumore dei camion che corrono su e giù per questa lunga strada di frontiera. Il confine è ancora lontano ma la consapevolezza di essere su una grande via di collegamento con altri mondi deve essere presente se il benzinaio che ci ha fermato per salutarci, nel chiederci dove andiamo ha snocciolato tutti gli ‘stan’ dell’Asia Centrale che ci aspettano: e il nostro cammino ha preso nuovo respiro e un piglio di determinazione allegra. Dall’altra parte di questo mare grigio si trovano la costa russa e l’Ucraina, la Crimea sta quasi di fronte a noi. Non le vedo ma non mi abbandona la consapevolezza che qui io cammino, il cuore un po’ bigio come il cielo, e là si muore. Alle sofferenze di chi sta sull’altra sponda ho dedicato oggi i miei passi.

Giorno 6 – Ordu

Ed è iniziato il Ramadan! Lungo la strada promettenti ristoranti e chioschi annunciano pesce ma sono chiusi. Per nostra fortuna, nel villaggio di Yaliköy non ci hanno negato un tè nel locale gremito di uomini intenti a giocare attorno ai tavoli. Anzi, hanno subito aperto per noi la porta di un salottino riservato (ayle salonu, sala per famiglie), e il tè hanno rifiutato, la mano sul cuore, che lo pagassimo. Ci siamo regalate due giorni di fuga dalla grande strada che taglia un istmo tra Fatsa e Ordu passando tra le montagne con numerose gallerie e abbiamo scelto la vecchia strada che fa tutto il giro della costa: una decina di chilometri in più ma di meraviglia e di pace.

Ieri abbiamo fatto tappa a Yason burnu, capo Giasone, una sottile striscia di terra che termina con un faro, dormendo obtorto collo nell’unico albergo proprio di fronte, pretenzioso quanto trascurato e caro, ma siamo nel mito! Si dice che qui si fosse rifugiato Giasone per sfuggire alla furia delle Amazzoni; dove sorgeva un tempio dedicato a Giasone, a protezione dei marinai da un mare infido, si trova oggi una chiesa in rovina, fatta costruire un paio di secoli fa da una comunità di greci ortodossi: la prima e unica chiesa vista tra tante moschee. Oggi dormiamo invece da Fiko, una deliziosa giovane donna che ci ha fermato lungo la strada, lei in auto noi camminando con i nostri zaini, per vedere incuriosita chi siamo e alla fine ci ha invitato da lei per l’indomani: abbiamo allungato un po’ la tappa, con un breve tratto in dolmuş (pulmino), per onorare l’invito. Fiko insegna all’Università qualcosa che ha a che fare con i tappeti, è allegra e piena di energia e ha cucinato per noi uno splendido pasto turco! Vede spesso passare di qui ciclisti e le piace ospitarli nel suo grande appartamento vicino alla spiaggia; ha invitato noi, dice, perché la nostra energia migliora la sua vita: spero sia così, ne sarei onorata, ma sicuramente la sua energia ha migliorato la mia vita!

Loading...
Loading...